Risonanza magnetica, uno strumento prezioso, ma non sempre necessario.

La risonanza magnetica (RM) rappresenta una delle più grandi conquiste della medicina diagnostica moderna. Le sue immagini dettagliate dell’interno del nostro corpo hanno rivoluzionato la capacità dei medici di identificare e trattare innumerevoli patologie. Tuttavia, questa sua potenza ha creato un paradosso: l’idea che sia uno strumento infallibile e necessario in ogni circostanza. In realtà, la risonanza magnetica è uno strumento utilissimo, ma va usata con criterio e tempismo appropriati.

Spesso, di fronte a un dolore, la prima richiesta del paziente è: “Dottore, mi faccia una risonanza per vedere cos’è”. Questo approccio, sebbene comprensibile, è fondamentalmente errato. La vera diagnosi non parte da una macchina, ma dall’ascolto attento del paziente e da un accurato esame obiettivo.

Che cos’è e a cosa serve la risonanza magnetica?

La risonanza magnetica nucleare (RMN) è una tecnica di imaging che utilizza campi magnetici potenti e onde a radiofrequenza per creare immagini dettagliate degli organi e dei tessuti molli del corpo. A differenza delle radiografie (RX) o delle TAC, non utilizza radiazioni ionizzanti, il che la rende generalmente molto sicura.

Il suo punto di forza è la capacità di visualizzare in modo eccellente strutture come:

  • Il cervello e il midollo spinale (sistema nervoso centrale).
  • Muscoli, tendini, legamenti, cartilagini e menischi, dischi intervertebrali.
  • Tuttavia, è meno efficace per lo studio delle ossa (dove è spesso preferibile una RX o una TAC) o dei polmoni.

Quando la risonanza magnetica è indispensabile?

Ci sono scenari clinici in cui la RM non è solo utile, ma assolutamente cruciale per una diagnosi corretta e un trattamento efficace. Ecco i casi principali in cui è fortemente indicata:

  1. Sospetto di patologie neurologiche: è l’ambito per eccellenza della RM. È insostituibile per diagnosticare e monitorare condizioni come la sclerosi multipla, i tumori cerebrali, le lesioni del midollo spinale, gli ictus e le malformazioni vascolari.
  2. Problemi alla colonna persistenti: in caso di ernia del disco o radicolopatie (dolori che si irradiano lungo un nervo) che non migliorano dopo un adeguato periodo di trattamento conservativo (fisioterapia, osteopatia, farmaci), la RM aiuta a visualizzare l’esatta compressione nervosa e a pianificare eventuali interventi.
  3. Lesioni articolari complesse: per lesioni a carico del ginocchio (es. menischi e legamenti crociati), della spalla (es. cuffia dei rotatori), dell’anca e di altre articolazioni, la RM fornisce un dettaglio impossibile da ottenere con altre metodiche.
  4. Dolori cronici senza causa evidente: quando un dolore persiste nonostante le cure iniziali e una valutazione clinica approfondita non ne ha individuato l’origine, la RM può essere l’esame giusto per scoprire patologie nascoste.
  5. Pianificazione pre-operatoria: prima di un intervento chirurgico, specialmente in ambito ortopedico o neurologico, la RM serve a definire con precisione l’estensione di una lesione, guidando il chirurgo verso l’approccio più efficace.
  6. Traumi importanti: in seguito a un trauma significativo (es. incidente stradale) con il sospetto di lesioni interne agli organi o ai tessuti molli non visibili con una semplice radiografia.

Quando la risonanza magnetica è superflua o inappropriata?

Così come è importante sapere quando farla, è fondamentale capire quando non richiederla. Evitare esami inutili previene ansia, costi superflui per il SSN e il privato, e il rischio di ritrovare “incidentali” (findings innocui che possono spaventare il paziente).

  1. Dolore lombare aspecifico nelle prime settimane: nella stragrande maggioranza dei casi, il mal di schiena acuto (lombalgia) è di natura muscolare o meccanica e migliora spontaneamente o con terapia conservativa entro 4-6 settimane. Una RM in fase acuta è quasi sempre inutile.
  2. Per “curiosità” o senza una chiara indicazione clinica: fare una risonanza “per vedere se c’è qualcosa che non va”, in assenza di sintomi specifici, è un approccio controproducente. La macchina trova sempre qualcosa, ma non tutto ciò che trova è clinicamente rilevante.
  3. In assenza di sintomi rilevanti: il classico esempio è voler “vedere com’è messa la schiena” senza avere dolore. Le immagini mostreranno quasi sicuramente degenerazioni discali o protrusioni legate all’età (come i capelli bianchi), che sono normali e spesso asintomatiche, ma che possono diventare una fonte d’ansia.
  4. Per patologie già conosciute, se non cambia il trattamento: ripetere una risonanza per monitorare una patologia cronica senza che questo modifichi la terapia in corso è spesso inutile. La decisione spetta al medico specialista.

La diagnosi parte sempre dalla clinica.

Il messaggio è chiaro e condivisibile: la risonanza magnetica è un complemento, non un sostituto, della valutazione medica. Il percorso corretto deve sempre iniziare con:

  • Anamnesi: ascoltare la storia del paziente, i suoi sintomi, le sue abitudini.
  • Esame Obiettivo: una visita approfondita con test ortopedici, neurologici e funzionali.

Solo dopo questi step, il medico o il fisioterapista specializzato possono decidere se l’imaging della risonanza magnetica sia necessario per confermare un sospetto diagnostico e procedere con il piano terapeutico più adatto.

Prenditi cura della tua salute in modo intelligente. Affidati a professionisti che pongono al centro la tua persona e non solo le immagini di una macchina. Una diagnosi accurata è il frutto di competenza, tempo dedicato e ascolto.

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Dott.ssa Alessandra Cupelli

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